Ciclopiste,
immagine & megabike
Un simpatico
turista di Monaco mi ferma per strada chiedendomi informazioni per fare un bel
giro col suo bike. Nell'albergo, dove peraltro noleggiano rampichini, non ha
trovato nulla, si stupisce che nemmeno il proprietario del fornito negozio di
biciclette non abbia saputo aiutarlo. Con me cade bene e combiniamo un
appuntamento per andare ad inventarci insieme uno dei miei itinerari che non
stanno su nessuna cartina: quelli "typisch" che cerca il mio amico.
Al bar una ragazza
parla con delusione di una sua pedalata sulla ciclopista lungo il Vedeggio. Ha
ragione, il percorso in gran parte sterrato non � certo l'ideale per la bici
da corsa. E di percorsi malconci, rigorosamente "segnalati", ce ne
sono parecchi.
Cos'� allora
tutta questa profusione di pubblicit� per le ciclopiste? Perch� tanta enfasi
per qualche tratto che in definitiva ricalca stradine gi� esistenti, pur
aggiungendo qualche correzione e a volte un po' d'asfalto?
L'idea del bel
Ticino ciclabile si rivela soprattutto una cura d'immagine che rischia di
essere poi nemmeno cos� efficace, visto il risultato con l'amico bavarese, e
anzi alla lunga pu� rivelarsi persino un bidone.
Faticano i
tubolari a rotolare su questi 3,7 milioni spesi in Ticino. Gioverebbe agire
con pi� modestia, a scapito di appalti troppo onerosi come il nuovo sentiero
al San Lucio, distribuendo in modo pi� capillare gli sforzi ma piuttosto
creando presso le varie istanze quell'attenzione e sensibilit� generale verso
chi usa la bicicletta che fa difetto.
Sono sempre pi�
frequenti i restringimenti di carreggiata e le rotonde in punti di passaggio
obbligati, dove pure esistono corsie ciclabili che vengono malamente
interrotte. Le corsie ciclabili sono il ricettacolo di vetri e detriti, il
fondo stradale � sconnesso e solcato di tombini mai al livello giusto. A mio
avviso i fondi andrebbero impiegati per misure generali ed estese a favore dei
ciclisti su tutte le strade. L'impressione che si ricava, anche presso
"addetti ai lavori", � che si voglia invece ghettizzare la
bicicletta, coltivando nel contempo un look pagante per i politici di turno ma
immeritato nella sostanza. La bici continua ad essere un anello debole che
bisogna insegnare a rispettare e con cui convivere. Chi usa l'auto dovrebbe
salire sulle due ruote per toccare con mano l'intolleranza, facilmente
rivoltata contro il temerario ciclista che crea pericoli a ogni dove. Ma
nemmeno in un tranquillo sito come il Castelgrande ho avuto il piacere di
veder sopportata la presenza della mia bici, infatti mentre sedevo al
ristorante un impiegato l'ha fatta sparire perch� "disturbava". Per
carit� non esagerate con la promozione turistica da cyberfolk come ci canta
Davide Van de Sfroos.
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