La Catena
di Mosè Necchio
Morfologia e materiali
Seppur spesso ne venga sottovalutata la manutenzione, la catena è uno degli
organi meccanici della bicicletta più delicati e maggiormente sollecitati. Sabbia,
fango, polvere, acqua ed altro, sono elementi che normalmente entrano in
contatto con la catena e che contribuiscono al suo precoce consumo : oltre
all’impiego non corretto, ovviamente !
Nel corso degli anni, questo organo di collegamento e di trasmissione del moto
ha subito radicali cambiamenti sia per i materiali impiegati, che per forma e
geometria. Per coloro che hanno avuto l’opportunità di ammirare in un museo
una bicicletta di qualche decina di anni fa, avrà notato quanto fossero larghe
e massicce (quasi quanto quelle di un ciclomotore) rispetto le moderne catene,
larghe meno di 7 mm, impiegate sui recenti cambi a 9 rapporti. Ma non solo le
dimensioni sono cambiate. Rispetto le catene di tipo Galle o Zobel
in uso sino a qualche decennio fa, la forma delle maglie si è evoluta
arricchendosi di smussi e raccordi raggiungendo lo stadio attuale con geometrie
particolarmente adatte a trasmettere il moto attraverso organi meccanici, quali
i pignoni e le corone, che a loro volta hanno subito radicali cambiamenti. Anche
i materiali impiegati per la costruzione, i trattamenti termici e superficiali,
si sono evoluti sino al punto che una catena moderna è in grado di resistere a
carichi, sollecitazioni quindi durare nel tempo molto più di quanto avveniva
per una "collega" del passato. Descrivendo
sommariamente una catena, questa è formata da due coppie di piastrine di
acciaio che si articolano su di un perno che a sua volta è coassiale ad una
bussola o distanziale.
Nel corso degli anni la catena è stata oggetto di studi e sperimentazioni
finalizzate a trovare rimedio ad una serie di inconvenienti derivanti dall’utilizzo
sempre più esasperato del nostro affascinante mezzo di trasporto.
Il primo fra tutti è sicuramente l’usura. Questa generalmente è causata
dalla cattiva manutenzione, come già anticipato e la ridotta superficie di
contatto esistente tra piastrine e perni. Le prime catene venivano costruite
assemblando piastrine "piatte" con una superficie di contatto
praticamente costituita dallo spessore della lastra dalla quale queste venivano
tranciate. La velocità di trasmissione, in questi casi non poteva superare 0.5
m/s altrimenti il tutto si surriscaldava portando al grippaggio degli
elementi. Per avere un termine di paragone ... un ciclista che pedala con una
frequenza di 90 pedalate al minuto con la corona da 53 fa scorrere la catena ad
1 m/s circa. All’inconveniente si è portato rimedio adottando una particolare
conformazione dei collarini della maglia interna (zona della sede dei perni)
raddoppiando quindi la superficie a contatto.
Allo stadio attuale, le piastrine esterne ed interne sono ricavate attraverso
stampaggio e tranciatura di un nastro d’acciaio ; l’interna, allo scopo di
aumentare la superficie di scorrimento con il perno, viene inoltre imbutita
(lavorazione che, attraverso una pressa, consente di deformare il materiale
senza tranciarlo) in prossimità dei fori aumentando in questo modo la
superficie a contatto con il perno. Entrambi i componenti vengono
successivamente sottoposti a trattamenti termici che li rendono particolarmente
resistenti all’usura ed alla rottura. Anche gli altri due rimanenti
componenti: perno e bussola, vengono ricavati con un ciclo di produzione simile.
Al perno, inoltre, viene dedicata una particolare attenzione. Questi, dopo
essere stato temprato, viene opportunamente lavorato (rettifica) affinché
presenti caratteristiche metrologiche e tecnologiche idonee all’impiego nella
produzione di serie. In
altre parole, al fine di garantire un prodotto-finito di qualità ed
affidabilità, i perni devono presentare una precisione di lavorazione che
consenta loro di essere assemblati alle le corrispondenti piastrine con
tolleranze di lavorazione particolari; il tutto finalizzato ad assemblare catene
uniformi e precise. Per finire, le più evolute catene vengono inoltre
opportunamente "trattate" superficialmente con rivestimenti che ne
aumentano la resistenza ad usura per sfregamento : nichelatura, nichel-teflon,
ecc.
Ma la tecnologia delle catene non si ferma qui. I laboratori di ricerca e
sviluppo delle principali aziende produttrici sono impegnati da tempo nello
sviluppo di geometrie che consentano di ottenere un ottimale passaggio della
catena da pignone a pignone garantendo al contempo resistenza e precisione di
"cambiata". I risultati delle ricerche, oltre che per i materiali
impiegati, sono costituiti principalmente da una serie di smussi e raccordi che
risultano ben visibili attraverso un primo esame delle maglie. Altre importanti
caratteristiche si possono intuire analizzando un po’ più in dettaglio i
componenti nel loro insieme. La flessibilità, per iniziare, la si ottiene
generalmente introducendo un opportuno giuoco tra piastrina interna e perno e
tra maglia esterna e maglia interna. Particolari
disegni delle piastrine hanno consentito inoltre di ottenere particolari doti di
flessibilità e precisione utili soprattutto nei nuovi cambi a 9 rapporti. Anche
l’evoluzione dei perni, che ha nel corso degli anni sono diventati sempre meno
sporgenti, ha contribuito molto ad aumentare la flessibilità del sistema;
agendo opportunamente sulle tolleranze di montaggio si è ottenuto un sistema
piastrine-perni particolarmente flessibile garantendo nel frattempo un elevato
carico di sfilamento del perno stesso. Il sistema piastrine-perni di fatto
costituisce un quadrilatero deformabile: sino ad un certo limite, si intende !
Oltre tale limite, ottenibile ad esempio torcendo eccessivamente la catena, i
perni tendono ad uscire dalle proprie sedi. Questo, ad esempio, è quanto accade
ai biker’s di mountain bike che, facendo lavorare la catena molto
"incrociata" (ad esempio uno scandaloso 46-28), hanno la sfortuna che
un corpo estraneo si insinui in malo modo tra catena e pignone: un rametto o un
sassolino ad esempio !
Le forze in gioco
L’insieme piastrine-perno-distanziale, detto anche "maglia", è
dimensionato al fine di resistere a sollecitazioni elevate: molto più di quanto
è possibile ottenere dal più potente atleta. Eppure, anche se la catena è
sovradimensionata, capita che a volte si rompa. Le cause sono quasi tutte
riconducibili all’esempio citato in precedenza coadiuvato dal fatto di essere
spesso in presenza di una catena usurata.
Ma cosa significa "Catena usurata" ? Inoltre: quali sono le parti che
si usurano di una moderna catena ? E: perché gli altri componenti della
trasmissione si usurano con minor frequenza ?
Per dare risposta a questi ed altri legittimi quesiti dobbiamo analizzare in
dettaglio che cosa accade ad una maglia durante il normale funzionamento.
Immaginiamo di studiare il comportamento e le forze che agiscono su di un
sistema perno-piastrine di una porzione di catena che si trova nel ramo in
tensione : dal pignone alla corona anteriore. Sulla maglia agisce una forza, ad
esempio di 100 Kg (vedi il precedente articolo sul dimensionamento delle
pedivelle), che tende ad allontanare due perni paralleli sollecitando le
piastrine a trazione. La
zona centrale quindi tende ad allungarsi per effetto della forza di trazione.
Tuttavia, se analizziamo una simulazione computerizzata delle sollecitazioni che
gravano su di una maglia, ci accorgiamo che lo sforzo risulta maggiormente
concentrato in corrispondenza dei fori e dei perni. Analizziamo le conseguenze
di questo effetto suddividendo i componenti. L’effetto sulle piastrine porta
ad una pressione sulla metà del foro sollecitata che costituisce la principale
causa dell’usura ed ovalizzazione del suddetto foro di alloggiamento del
perno. Quest’ultimo, tuttavia, non se la cava certo meglio. In fatti su
questo, oltre a gravare la sollecitazione che tende a consumarlo, agisce una
sollecitazione di taglio che, come una cesoia le cui lame sono costituite dalle
piastrine interne e quelle esterne, tende a reciderlo. Quest’ultimo effetto,
comunque, non è critico; come già menzionato, i singoli elementi sono
dimensionati per resistere a sforzi notevoli. Ma torniamo alle sollecitazioni di
trazione. Queste, durante il normale o intenso utilizzo della nostra bicicletta,
portano allo snervamento progressivo dei materiali quindi, sommando a questo
effetto l’abrasione di perni e delle relative sedi, dopo un po’ di tempo
avremo un progressivo e costante allontanamento dei perni con aumento del passo:
la catena si allunga ! Il valore massimo tollerato dall’insieme della
trasmissione è causa di continue polemiche tra gli addetti ai lavori. Quasi
tutti i meccanici concordano nel consigliare sostituzione della catena quando
questa si allunga di circa 6¸ 7 mm. Controllarne basandosi su questo parametro
non è sempre possibile in quanto implica che periodicamente debba essere
smontata e misurata ... Gli addetti ai lavori utilizzano un metodo empirico ma
efficace: verificano che la catena, in opera sulla trasmissione, non si sollevi
più di 4¸ 5 mm dalla corona anteriore. Tutti noi possiamo eseguire questo
controllo semplicemente tirando una "maglia" che si trova nell’arco
centrale della corona anteriore. Non è consigliabile un frequente smontaggio
della catena per evitare pericoli di rottura. Le prescrizioni dei costruttori
invitano a non smontare la catena per più di 4¸ 5 volte nel corso della sua
intensa vita.
La ragione di tutto ciò è dovuta al fatto che manualmente non si riescono a
ricreare le stesse condizioni di assemblaggio che viene effettuato attraverso
macchine estremamente precise e calibrate che calzano i perni tra le piastrine
con pressione e precisione calibrata. Essendo l’usura della catena più
precoce dell’equivalente di corone e pignoni, ne è consigliabile la
sostituzione prima che gli altri due elementi della trasmissione vengano
influenzati dalle nuove condizioni di lavoro dove il passo della catena, che è
cambiato con l’usura, contribuisca al consumo precoce dei denti.
Infatti questo effetto è la principale causa di deformazione dei denti. La
forza impressa dal ciclista essendo distribuita su un arco di corona che
mediamente è la metà della circonferenza totale, risulta quindi distribuita su
almeno la metà del numero dei denti : il carico per dente quindi risulta
essere di circa 3 Kg. Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, lo
sfregamento della catena sui denti contribuisce poco all’usura ad esempio
delle corone. Tra i vani della corona, infatti, la catena "rotola" ...
Infatti, il distanziale calettato tra piastrine e perno, ha il compito di
"ingranare" nei vani tra i denti rotolando su se stesso. In altre
parole, quando una maglia entra in contatto con la corona, il distanziale
rotola.
"La Cambiata"
Il cambio di rapporto, e cioè il passaggio della catena da un ingranaggio ad
un altro, costituisce un vero momento critico per tutto il sistema. Il sistema
di pezzi che costituisce la catena risulta sollecitato in modo ottimale quando
la forza impressa dal ciclista agisce lungo lo sviluppo della catena. In fase di
cambiata, se l’atleta non interrompe momentaneamente la pressione sui pedali,
vengono generate componenti laterali le cui risultanti provocano sollecitazioni
laterali che tendono a torcere le maglie che si trovano nelle immediate
vicinanze del cambio o del deragliatore. L’effetto
risulta particolarmente evidente in fase di cambio della corona anteriore, dal
39 al 52 ad esempio, dove la differenza di diametri risulta più accentuata
così come la forza impressa dall’atleta. Dette forze anomale, come già
accennato, in casi particolari possono addirittura provocare la rottura della
catena. Molte aziende pubblicizzano studi finalizzati a rendere catena, corone e
pignoni in grado di funzionare molto bene insieme favorendo l’ingranamento in
fase di cambiata. Il risultato è spesso costituito da una serie di smussi e
raccordi presenti sulla catena, di cui abbiamo parlato ampiamente, e di
equivalenti artifizi ricavati o applicati su corone e pignoni. La varietà di
questi ultimi e notevole : borchie metalliche, asportazione di denti o
porzioni di essi, fresature laterali, imbutiture, ecc. Tutte o quasi dovrebbero
contribuire al sostentamento della catena in fase di cambio di rapporto.
Tralasciando volutamente di parlare del il pignone, dove detti artifizi sono
presenti in misura minore, per le corone gli studi effettuati hanno consentito
risultati notevoli. Purtroppo, seppur con qualche eccezione, le appendici o
altro ricavate sulle corone di lega di alluminio non hanno vita lunga. E’
risaputo che, essendo l’alluminio molto più tenero dell’acciaio, questo
tende a consumarsi molto più velocemente del materiale antagonista con cui sono
costruite le catene. In estrema sintesi, dopo qualche cambio di rapporto
anteriore, i sostegni laterali che dovrebbero aiutare la transazione della
catena dalla corona piccola a quella grande dopo un po’ si consumano perdendo
spigoli e piani divenendo ben presto inutili ...
Manutenzione
Riprendendo la frase di apertura, con il presupposto di non ripetere ciò che
normalmente si legge da tempo sull’argomento bensì solo alcuni ulteriori
particolari, la manutenzione spesso viene sottovalutata o peggio trascurata.
Questa semplice operazione, se eseguita costantemente e con cura, allunga
notevolmente la vita della catena. Dopo essere stata prodotta ed assemblata,
prima di essere imballata, la catena subisce un trattamento finalizzato a
proteggerla contro gli agenti atmosferici.
Per alcuni produttori il ciclo è costituito semplicemente dall’immersione in
olio o altro prodotto similare, mentre per altri, detto ciclo costituisce parte
fondamentale della produzione, quindi degno di particolare cura. Infatti, le
catene dovrebbero essere "annegate" in particolari miscele, simili a
grasso, che penetrano in profondità tra i componenti e che garantiscono,
purtroppo per un periodo limitato nel tempo, la perfetta lubrificazione delle
parti. Successivamente, sarà a cura dell’utilizzatore la corretta e costante
lubrificazione.
Spesso accade, dopo aver lavato la nostra specialissima, che asciughiamo con
cura telaio, sella, ecc. trascurando proprio la catena. L’acqua penetra tra
piastrina e piastrina quindi si insinua tra perno e distanziale. I materiali con
cui sono costruiti i singoli pezzi non essendo inossidabili di conseguenza si
ossidano : quindi si consumano. Inoltre, la ruggine, rovina la superficie
di contatto tra i materiali rendendoli scabri e quindi aumentando l’attrito
tra i perno e piastrine.
Un consiglio condiviso da molti meccanici è di trattare, dopo la perfetta
pulizia, la catena con lubrificanti particolarmente volatili : solitamente
spray , affinché questo si sostituisca all’acqua togliendone ogni traccia
dalle superfici metalliche. Questi prodotti, utilizzati anche per sbloccare
assemblaggi in presenza di ossidazioni, grippaggi, ecc., consentono inoltre di
togliere eventuali tracce di ruggine. Successivamente, dopo qualche decina di
minuti, trattare la catena con i prodotti dedicati che di fatto sono più densi
e con l’aiuto del precedente prodotto che tende leggermente a scioglierlo
andrà ad insinuarsi tra i vari particolari.
Copyright Mosè Necchio 1998
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per avere ulteriori chiarimenti sulle sollecitazioni della catena consultate il sito Rally del PO
Tabelle, schemi, consigli e teorie
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